Vogliamo accompagnare questo tempo pasquale con alcune letture che ci aiutino ad approfondirne il mistero e l’incidenza nella nostra vita. Questa settimana ci faremo accompagnare dal carmelitano card. Anastasio Alberto Ballestrero, con una sua meditazione sul brano dei discepoli di Emmaus.
«Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Le parole che i due discepoli rivolgono a Cristo, esprimono ad un tempo il loro stato d’animo e il loro desiderio. Non lo dicono, ma con Gesù stanno bene. Non lo dicono, ma il calare della sera li avvolge come un’ombra di cui hanno paura. Sembra che si prendano cura di Gesù ma in realtà hanno bisogno di lui. Cristo si avvicina a loro al termine di una dura giornata, una giornata che è come il triste epilogo di una deludente avventura.
Quando Gesù entra nella vita dell’uomo, diventa una presenza viva e salutare. Se questi fosse più attento a tale presenza, certamente la sua esistenza conoscerebbe meno sere di quelle che sperimenta. D’altra parte Cristo, nella vita dell’uomo, non è una presenza che vuole imporsi, ma è una presenza che preferisce farsi desiderare; e ciò per la discrezione dell’amore, che non è sinonimo di debolezza ma piuttosto di fedeltà.
Gesù non aveva alcuna intenzione di lasciare soli i due discepoli al termine di quella giornata, ma voleva soltanto che essi assaporassero la gioia di desiderarlo. Gli uomini, quando sono amici, conoscono raramente tanta nobiltà e delicatezza; ma Cristo è un amico che entra nella nostra vita saziando senza opprimere, anzi accendendo il cuore di sante aspirazioni. «Resta con noi…». Questo desiderio non è il frutto della fedeltà dei discepoli, ma dell’amore di Gesù per loro. Credono di offrirgli qualcosa, mentre stanno ricevendo, perché questo Amico non li umilia rendendo evidente il dono, ma li consola lasciando alla loro iniziativa la continuità della presenza e dell’incontro. Ma c’è un altro motivo di riflessione nell’episodio raccontato da Luca: i due discepoli così desiderosi di trattenere con loro il Signore, non lo hanno ancora conosciuto. Hanno bisogno di lui e non sanno chi è. Questa è un’esperienza frequente nel cristiano. Ci sono nell’uomo molte nostalgie e struggimenti che restano tenebrosi, proprio perché il calore del cuore è più grande della luce dello Spirito. Il dono di Dio passa spesso di qui; per questo dobbiamo fare molta attenzione al comportamento dei due discepoli di Emmaus. In fondo essi hanno avuto l’umiltà di tradirsi e di manifestare allo sconosciuto pellegrino la loro paura: «…perché si fa sera». Se non l’avessero detto, forse il Signore se ne sarebbe andato.
Talvolta nella vita del cristiano c’è l’intuizione del cuore che spinge all’umiltà, ma questa viene paralizzata dalla superbia dello spirito, dall’ignoranza della mente; mentre l’umiltà che si confessa, la commozione che si manifesta è segno di una disponibilità a ricevere il dono, disponibilità che Dio gradisce e premia con la sua presenza. Del resto questi due spauriti discepoli, i quali non sanno di avere con loro il Signore, sono nutriti da lui, sconosciuto ma vero, sconosciuto ma presente. E il premio della loro paura confessata e della loro commozione non nascosta è il pieno rivelarsi di Cristo.
La vicenda vissuta dai discepoli di Emmaus, va ricordata soprattutto nella nostra vita di preghiera. Infatti proprio nell’esperienza della preghiera cristiana questi turbamenti misteriosi possono prendere il cuore dell’uomo e invitarlo ad essere umile col suo Dio, umile nella confessione dei propri struggimenti, delle proprie parure, delle proprie nostalgie, dei propri desideri. Il Signore si lascia vincere dall’uomo che si apre a lui. E spesso la debolezza confessata viene coronata da una forza nuova, che nasce appunto dal rivelarsi di Dio nella pienezza della fede e nella luce del suo riconoscimento. Allora la gioia di avere incontrato il Signore e di averlo conosciuto rende la vita gaudiosa e gloriosa.
Nella vita del cristiano l’esperienza di questi giorni che declinano, di queste sere che fanno paura, non può essere triste perché dono di Dio; un dono che viene offerto molto più spesso di quanto si possa pensare, ma che purtroppo è accolto con superficialità o addirittura con superbia da parte nostra.
Il Signore cerca l’uomo, e vuole essere nella sua vita un compagno di viaggio che tiene il sole alto e rende i giorni tanto lunghi da farli diventare eterni.