La festa odierna della Pentecoste conclude il tempo di Pasqua e ci guida in quello Ordinario, nel quale siamo chiamati a continuare a vivere il nostro ordinario quotidiano rendendolo straordinario con l’aiuto dello Spirito Santo. Facciamoci ispirare in questo dalla catechesi che il card. Angelo Bagnasco ha rivolto ai giovani radunati a Sidney per la Giornata Mondiale della Gioventù il 16 luglio 2008.
Cari giovani!
Abbiamo la grazia di vivere queste giornate di preghiera, di riflessione, e di gioiosa fraternità in attesa di incontrare il Santo Padre Benedetto XVI. Ci siamo preparati alla Giornata Mondiale della Gioventù con l’Agorà di Loreto che vibra ancora nei nostri cuori: la persona e la parola del Papa, l’incontro festoso di cinquecentomila giovani provenienti da tutta Italia, l’esperienza notturna delle Fontane di Luce, la visita alla Casa della Santa Vergine, sono non solo memoria, ma patrimonio di vita e di fede che in questi giorni si rinnova e si arricchisce a contatto con la Chiesa giovane nel mondo dei giovani. La fatica inevitabile, il lungo viaggio, i ritmi intensi non ci scoraggiano, anzi diventano ricchezza perché questa esperienza entri meglio nella carne e nell’anima di ciascuno e resti scolpita per sempre; perché la straordinaria esperienza diventi vita quotidiana nelle vostre famiglie, nei luoghi di studio e di lavoro, nei gruppi, nelle comunità parrocchiali, nelle vostre Diocesi. Tutto, se offerto a Dio per fede e con amore, diventa tesoro fecondo di frutti spirituali.
Siamo qui, in questa prima catechesi, per riflettere sul tema indicato: Chiamati a vivere nello Spirito Santo: «Se pertanto viviamo dello Spirito, camminiamo anche secondo lo Spirito» (Galati 5,25).
Vorrei partire da una premessa citando due Autori che hanno vissuto a distanza di secoli.
Sant’Agostino ci invita: «Non uscire da te; rientra in te; nell’uomo interiore abita la verità». La sua esperienza potrebbe – poco o tanto – essere la nostra: «Tardi ti ho amato, bellezza antica e tanto nuova, tardi ti ho amato. Ed ecco che tu stavi dentro di me e io ero fuori e là ti cercavo. Io, brutto, mi avventavo sulle cose belle da te create. Eri con me ed io non ero con te. Mi tenevano lontano da te quelle creature che, se non esistessero in te, neppure avrebbero esistenza» (Confessioni, libro X, 27).
Ma per rientrare in noi stessi, per arrivare al centro senza perderci nei labirinti, è necessario il silenzio e quindi la buona solitudine. È un altro grande che ci parla, Romano Guardini: «C’è in te un silenzio che si ascolta con l’anima. In questo silenzio l’ospite riposa, l’anima si risana» (Lettere sull’autoformazione). È questo silenzio buono che vogliamo ritagliarci anche in questi giorni di incontro e di festa: sembrerebbe impossibile, ma così non è se lo vogliamo. Ritornati alle nostre case, sarà ancora più facile da un certo punto di vista, ma potrebbe essere più difficile per la sequenza delle cose ordinarie che ci incalzano, e che ci sembrano avere sempre la precedenza sui momenti di silenziosa solitudine. È il silenzio dei santi e dei profeti che entrano nella cella segreta dell’anima e incontrano se stessi nel mistero di Dio, fanno ordine nei sentimenti, riconoscono i propri errori. Qui gli accadimenti trovano la loro misura, il dolore diventa maestro di vita, le gioie si distinguono tra vere e false, le aspirazioni si rivelano ragionevoli oppure sproporzionate, le gioie si manifestano come doni e segnali verso la vera Meta.
Il cristiano del futuro sarà un mistico o non sarà. Lo specifico della vita cristiana, infatti, non è avere buoni sentimenti e neppure un codice di comportamento, ma la vita della grazia. La fede cristiana è conoscere Dio perché lo si incontra; è sapere che Dio è Qualcuno; non fare alcune cose, ma vivere riferiti, ricongiunti a Lui; è intuire che noi esistiamo perché Dio vive; è esserne affascinati, ghermiti, posseduti. Il cristiano è colui che sente l’attrattiva di Gesù che rivela il volto di Dio e di questo fascino vive nonostante fatiche e cadute: «Il tuo amore mi ha ferito, io cammino cantando te» (San Giovanni Climaco). Suonano ardite, ma straordinariamente vere le parole di grandi Santi: «L’uomo ha ricevuto l’ordine di diventare dio», afferma San Basilio. E Sant’Atanasio incalza: «Dio si è fatto uomo affinché l’uomo potesse diventare dio secondo la grazia». Per questo «il Verbo si è fatto carne, perché noi potessimo ricevere lo Spirito Santo».
Questo “diventare dio secondo la grazia” esprime un dono e una responsabilità, una chiamata e una risposta. Il dono è il Battesimo, la risposta è il cammino del nostro mondo interiore, è il lavoro quotidiano dell’anima. Mediante l’acqua del Battesimo, il peccato originale viene cancellato e il credente diventa immagine di Cristo, riceve la sua bellezza. Ma, a sua volta, nel corso dell’esistenza terrena, egli deve far risplendere questa originaria bellezza rendendola sempre più somigliante al supremo Modello: «La creazione dell’uomo è fatta per Lui (Cristo), affinché l’uomo non potesse essere separato dal suo modello» (San Gregorio Palamas, Omelia per la festa delle luci, 7).
Sta qui il compito che discende dal dono ricevuto. Sotto il fuoco dello Spirito Santo, ogni battezzato deve far suoi i sentimenti del Signore, imparando a pensare con il suo pensiero e ad amare con il suo cuore, per vivere da figli nel Figlio: «Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù» (Filippesi 2,5). Questo cammino di conformazione spirituale e ascetica a Gesù, di appartenenza radicale a Lui, si chiama “vita spirituale”: essa è “spirituale” perché è implicato il nostro spirito immortale, l’anima con la sua libertà; è “spirituale” perché è un camminare secondo lo Spirito Santo che abbiamo ricevuto nel Battesimo e poi nella Santa Cresima: «In verità ti dico, se uno non nasce da acqua e da Spirito non può entrare nel Regno di Dio. Quel che è nato da carne è carne e quel che è nato da Spirito è spirito» (Giovanni 3, 5-6). E San Paolo ribadisce: «Camminate secondo lo Spirito (…) se pertanto viviamo secondo lo Spirito, camminiamo anche secondo lo Spirito» (Galati 5,16).
Ma chi è lo Spirito Santo? Lo Spirito, come sapete, non è qualcosa ma Qualcuno. È Dio! I misteri principali della nostra fede, come ci ricorda il Catechismo della Chiesa Cattolica, sono due: l’unità e la trinità di Dio, e poi l’incarnazione-passione-morte e risurrezione di Gesù. Il Santo Padre Benedetto XVI, a Genova, ebbe a dire: «Gesù ci ha manifestato il volto di Dio, uno nell’essenza e trino nelle persone: Dio è Amore, Amore Padre – Amore Figlio – Amore Spirito Santo. Ed è proprio nel nome di questo Dio che l’Apostolo Paolo saluta la comunità di Corinto, e saluta tutti noi: “La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio Padre e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi” (2 Corinzi 13,13)» (Omelia Genova, 18.5.2008). Il vento non si vede, ma se ne vedono gli effetti: così la Sacra Scrittura, parlando dello Spirito Santo, usa immagini diverse per descriverne l’efficacia. Ecco allora l’immagine dell’acqua che feconda l’anima; il fuoco che la riscalda e la illumina; il vento che – impetuoso o leggero – la muove e la conduce; l’olio che la penetra e le dà bellezza, vigore e coraggio; la colomba che le dona il bene della riconciliazione e della pace.
Essere figli di Dio è una grazia, ma vivere da figli è una responsabilità. Viene da chiederci: ce la farò? È per me? L’esperienza ricorrente della mia debolezza e dei mie peccati, non mi suggeriscono di lasciar perdere? Di arrendermi? La santità, meta della vita secondo lo Spirito, è affascinante ma troppo ardua, fuori della mia portata. Far miei i sentimenti di Gesù e vivere secondo il suo pensiero è fuori della misura umana. Non si può vivere con la sensazione di ricominciare sempre da capo, di non stringere mai nulla, di non vedere risultati. È frustrante!
Il demonio è intelligente e astuto. Sa che il nostro scoraggiamento è la sua vittoria. Parte da elementi di verità e trae conclusioni false. Infatti, non dobbiamo dimenticare che il primo e principale protagonista della vita spirituale non siamo noi, ma lo Spirito Santo. È Lui che, nel Battesimo, ha modellato nell’anima il volto di Gesù. Ed è Lui che continua ad accompagnarci perché quel volto emerga nella nostra umanità e risplenda. Ricordiamo ancora le parole di Sant’Atanasio: «Il Verbo si è fatto carne perché noi potessimo ricevere lo Spirito Santo». E le mani invisibili dello Spirito non sono mai inerti, ma sempre all’opera. Per tale ragione, la fiducia non deve mai venir meno. Nulla della nostra fragilità, neppure i nostri peccati, deve gettarci nello scoraggiamento e farci arrendere nella costruzione dell’uomo interiore. Assolutamente nulla! La potenza dello Spirito è più forte della nostra debolezza; ma dobbiamo lasciarlo agire! Entra così in gioco il secondo protagonista: la nostra libertà e quindi il nostro personale impegno: «Dovete deporre l’uomo vecchio con la condotta di prima, l’uomo che si corrompe dietro alle passioni ingannatrici e dovete rinnovarvi nello spirito della vostra mente e rivestire l’uomo nuovo» (Efesini 4, 22-23).
Abbiamo visto che la fede è l’incontro con Cristo, con l’incanto della sua persona. E la vita cristiana è vivere riferiti a Lui, vivere con Lui, per Lui, di Lui. Il suo volto ci è stato donato dalle mani dello Spirito nell’acqua del Battesimo. Da questo intimo rapporto nasce il desiderio, prima ancora che il compito, di vivere lasciandoci amare da Cristo e amandolo. Quale avventura più grande? Nasce il desiderio di modellare il nostro volto sul suo volto perché risplenda di bellezza. Ecco la vita spirituale, la vita della grazia. Abbiamo visto che il grande protagonista è lo Spirito stesso che è più forte della nostra debolezza. Per questo non dobbiamo scoraggiarci mai.
Ma ora ci chiediamo: ci sono delle sorgenti a cui attingere la luce, la forza, la pace, la fecondità, la riconciliazione dello Spirito di Cristo? Dei luoghi privilegiati che il Signore ha confidato alla Chiesa perché li custodisse e li offrisse ai credenti? Sappiamo che è così.
- «Tu hai parole di vita eterna» (Giovanni 6,67). Nel grande mercato delle parole, l’uomo cerca la Parola come il mercante cerca la perla preziosa. La Parola di cui il mondo ha bisogno riguarda il senso ultimo di questo straordinario e fragile universo, della nostra tormentata storia. L’uomo cerca la luce sulla morte e sul dolore, specialmente quando bussa la porta della nostra casa. È la Parola di Dio – la Bibbia – letta sempre nella Chiesa e con la Chiesa, la prima sorgente della vita dell’anima, tanto che fa esclamare all’agnostico André Gide: «Non perché mi sia stato detto che tu eri il Figlio di Dio ascolto la tua parola; ma la tua parola è bella al di sopra di ogni parola umana e da ciò riconosco che sei il Figlio di Dio»!
- Come sulla via di Emmaus, non basta essere ammaestrati dalla Parola del Signore: perché l’incontro e la conoscenza con Lui si compiano è necessario entrare nel mistero della preghiera. Mentre le Sacre Scritture ci svelano il mistero di Cristo, la preghiera personale esprime il dialogo con lui, e i Sacramenti – in particolare la divina Eucaristia – ci introducono tra le braccia del Risorto. Camminare nello Spirito richiede ogni giorno un piccolo tempo dedicato alla preghiera personale, senza lasciarci impressionare dalla semplicità e a volte dalla povertà della nostra preghiera. La cosa decisiva è credere che attraverso questi momenti di orazione, piccoli ma quotidiani, lo Spirito Santo modella la nostra anima e la configura al volto di Gesù.
- Ma la preghiera delle preghiere è la Santa Messa, il Sacrificio divino, “fonte e culmine di tutta la vita cristiana” (Lumen gentium, 11). Nell’Eucaristia vi è tutto il bene della Chiesa, lo stesso Cristo Gesù, e nella partecipazione alla Messa offriamo al Padre, insieme al sacrificio di Cristo, le gioie e le pene della vita, le difficoltà e le speranze, perché tutto si riempia di senso e acquisti valore per il tempo e per l’eternità. L’Eucaristia partecipata e adorata resta veramente il cuore e il fondamento vivo del nostro cammino di cristiani. Gesù, il Maestro che ci ha chiamati per nome alla sua sequela, ci invita a seguirlo anche dentro al mistero eucaristico. Non si tratta – lo comprendiamo – della Messa domenicale – questa è scontata – ma della Messa quotidiana, della adorazione al Santissimo Sacramento!
- E che dire del sacramento della riconciliazione o del perdono? «Siete stati lavati, siete stati santificati, siete stati giustificati nel nome del Signore Gesù Cristo e nello Spirito del nostro Dio» (1 Corinzi 6,11). Vivere da cristiani è avvincente ma arduo, significa andare spesso contro corrente, anche contro noi stessi: non di rado siamo incoerenti. Il Signore Gesù, nella confessione sacramentale, ci fa scoprire e gustare il suo cuore compassionevole e ci riconcilia pienamente a sé (è la grazia santificante).
Ci dona anche una grazia tutta particolare per riprendere il cammino spirituale con fiducia e vigore (è la grazia sacramentale). La vita dell’anima non può prescindere dalla confessione frequente e ben preparata attraverso l’esame di coscienza, il dolore dei propri peccati, e il proposito sincero di migliorarci con la grazia dello Spirito.
Vivere secondo lo Spirito è esaltante e concreto! San Paolo ha lasciato anche un “test” di verifica molto prezioso: «Ma se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete più sotto la legge. Del resto le opere della carne sono ben note: fornicazione, impurità, libertinaggio, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere (…) Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé» (Galati, 5, 18-22).
Cari amici, sono solo alcune considerazioni che offro alla vostra riflessione. Dovremmo aggiungerne altre per completare il richiamo alle “sorgenti della vita spirituale”, come ad esempio la carità nelle sue diverse forme, la conoscenza di noi stessi, l’ascesi, la devozione filiale a Maria Santissima, l’amore alla Chiesa nostra Madre e Maestra, la testimonianza e l’evangelizzazione che vedremo nella seconda catechesi.
Mi è caro concludere con la testimonianza dell’anima appassionata di un convertito, Giovanni Papini. Nella sua accorata preghiera a Gesù dice:
«Se non fai sentire la tua voce sopra il loro capo e la tua voce nei loro cuori, seguiteranno a cercare solo se stessi senza trovarsi, perché nessuno si possiede se non ti possiede (…) Noi ti preghiamo dunque, o Cristo, (…) noi gli ultimi ti aspettiamo. Ti aspetteremo ogni giorno a dispetto della nostra indegnità e d’ogni impossibile. E tutto l’amore che potremo torchiare dai nostri cuori devastati sarà per te, Crocifisso, che fosti tormentato per amore nostro e ora ci tormenti con tutta la potenza del tuo implacabile amore».
(Storia di Cristo)